Il metodo ABC nel bambino

“Le maestre dicono che a scuola Giulia piange spesso, che non parla con nessuno”

“Luca si arrabbia tanto e lancia i giochi”

“Pietro all’asilo si rifiuta di mangiare e resta seduto con indosso il giubbotto”

Parlare di emozioni è di norma un’impresa piuttosto complicata:  basta poi leggere questi esempi per capire che lo ancor di più quando ci viene chiesto di intervenire sui bambini.

I genitori riportano un sintomo o il prodotto di un’emozione come un qualcosa da trattare o eliminare per far sì che il problema si risolva, ma spesso alla richiesta di un intervento di cura precede una delle fasi più importanti di tutto il percorso psicoterapico che getta le basi di una futura relazione terapeutica positiva. 

Attraverso l’analisi della domanda e la ricostruzione del modello di funzionamento di quel problema specifico relativo a quel bambino specifico si procede alla raccolta delle informazioni utili. Adoperando un linguaggio più adatto per quel bambino specifico si cercherà di parlare di emozioni e si utilizzano metafore adatte per cercare di spiegare l’obiettivo di quell’incontro e di quelli futuri: preparare il bambino al lavoro significa iniziare a parlare di Emozioni ma soprattutto educare al rispetto delle proprie emozioni e dei propri tempi.

Le emozioni del bambino

Detto ciò proviamo a rispondere a questa domanda:

“Che cos’è un’emozione? Da dove nasce e come si origina? Che caratteristiche ha?”

Come visto in questo articolo, a queste domande molti studiosi, molti psicologi e ricercatori, già dal 1800 hanno cercato di dare delle risposte. Oggi, grazie agli studi in ambito psicologico e grazie alle scoperte delle Neuroscienze, possiamo dire che esiste una stretta relazione tra un’emozione e il corpo, il quale capta certi segnali interni che vengono poi interpretati dalla corteccia cerebrale (Celi, 2020).

Nonostante tutti i progressi scientifici, comprendere che cos’è un’emozione, descriverla e poi riuscire a regolarla non è cosa semplice, né per gli adulti e né tanto meno per i bambini. Nei bambini ad esempio capita, a volte, che l’unico modo per governare un’emozione sia la sua repressione perché così è stato insegnato loro (ibidem). Pensiamo ad esempio a frasi che possiamo comunemente sentire come “Non piangere dai, non essere triste!”, “Smetti di essere arrabbiato”, “Gli do il cellulare per tenerlo buono a ristorante”. Questi sono tutti esempi consueti del tentativo di regolare un’emozione presente, che però si traduce nella sua soppressione.

Come ci spiega sapientemente il Professor Fabio Celi, “quando crediamo di bloccare le emozioni, quello che blocchiamo in realtà è la loro regolazione, poiché come un oggetto in acqua, un’emozione riceve una spinta dal basso verso l’alto pari alla forza impiegata per cercare di reprimerla” (Celi, 2020, p.9).

Per essere in grado di regolare un’emozione, cosa non molto facile per un bambino (il quale non ha ancora completamente sviluppate le aree cerebrali adibite a questa competenza), è necessario prima di tutto imparare a conoscere le emozioni che vengono vissute e sperimentate in certi momenti o situazioni. Poter comprendere un’emozione, e saperla poi gestire, significa avere “competenza emotiva” necessaria per l’adattamento socio-affettivo (Di Pietro, 2014).

Come aiutare il bambino a comprendere e gestire le emozioni

Un importante aiuto in ciò proviene dall’adulto e nella sua capacità di saper prima mentalizzare gli stati emotivi del bambino e di saper poi restituirglieli verbalizzando.

In questo senso si parla spesso infatti di programmi di educazione razionale emotiva (ERE). Pensiamo ad esempio ad un bambino che esprime felicità: l’adulto potrebbe verbalizzare il suo stato emotivo dicendogli “Mi sembri molto felice”; oppure un bambino che mostra molta rabbia potrebbe sentirsi dire dall’adulto “Accidenti, mi sembri molto arrabbiato”. In questo modo l’adulto aiuta il bambino a validare e a dare un nome a quello che sta provando al suo interno.

In ambito clinico capita spesso di incontrare bambini che non sappiano riconoscere alcuni dei loro stati emotivi e di conseguenza non sappiano regolarli. Quello che spesso è evidente ai loro familiari o agli insegnanti è un comportamento manifesto, mentre quello che provano e sentono a livello emotivo rimane più nascosto.

Come si procede?

a questo punto lo psicologo-psicoterapeuta lavorando in sincronia con genitori- bambino e ulteriori figure che ruotano intorno a quest’ultimo, cercherà di raccogliere maggiori informazioni utili per capire il funzionamento di quella emozione-problema. 

La raccolta di informazioni utili, che avviene sia con i genitori che con il bambino, avviene ponendo estrema attenzione al linguaggio utilizzato in base all’età di quel bambino specifico. A tal fine si utilizzano perciò metafore adatte per cercare di spiegare l’obiettivo di quell’incontro e dei futuri.

Come poter allora aiutare questi bimbi a guardarsi dentro? A dare un nome e un senso a quello provano?

Negli anni 90c, grazie al contributo di A. Ellis e all’approccio REBT (Rational Emotive Behavioral Therapy) è nata una nuova prospettiva di trattamento.  Nello specifico, secondo la Terapia Razionale Emotiva Comportamentale, le reazioni emotive agli eventi sono influenzate dal modo in cui l’individuo rappresenta nella propria mente tali eventi. (Di Pietro M. 2014).

La terapia Razionale emotiva comportamentale spiega pertanto il meccanismo che sta alla base delle nostre reazioni emotive e lo fa attraverso il modello ABC (Ellis) descritto in questo articolo.

Cosa stanno ad indicare queste tre lettere dall’alfabeto?

A (Antecedente) rappresenta una data situazione (cosa è successo, con chi ero, dove ero), B (Credenze, Pensieri) indica cosa ho pensato e C (Comportamenti e Emozioni) come mi sono sentito, quindi che emozione ho provato in quella data situazione o cosa ho fatto.

Per aiutare i bambini ad identificare questi tre elementi può essere utile ricorrere ad una versione giocosa dell’originario ABC per adulti, il quale è costituito da una tabella con tre colonne in cui il soggetto scrive l’antecendente, i suoi pensieri e le sue emozioni. La versione per bambini può infatti essere corredata i, il quale è costituito da una tabella con tre colonne in cui il soggetto scrive l’antecende da un disegno e da un fumetto (Lambruschi, 2004).

Il bambino può in questo modo raccontarci o disegnarci il suo antecedente (cosa stava facendo, con chi era, dove e cos’è successo) e, tramite il fumetto, descrivere i suoi pensieri di quella situazione, e mediante il cuore quello che ha provato.

Per quanto riguarda la nuvoletta del pensiero è necessario analizzare i registri rappresentativi, quali immagini visive e uditive e dialogo interno, ovvero quei registri che il bambino usa per ricostruire mentalmente la situazione. Di fronte a ciò il terapeuta deve saper “stare” nella descrizione della nuvoletta, cercando di ricostruire il quadro, spesso fatto di immagini angoscianti, con curiosità e interesse (Lambruschi, 2004).

È compito del terapeuta stimolare il bambino nella rievocazione del “film” che si è acceso nella sua mente, un film fatto di immagini, di suoni e di parole, tenendo conto che la capacità di riferire i propri pensieri è correlata alla fase di sviluppo cognitivo

Può essere utile anche ricostruire il singolo episodio mettendolo in movimento con una serie di disegni e fumetti: questo consente di vedere i suoi pensieri anticipatori, quello che pensa che potrebbe accadere, quello che pensa durante il momento cardine dell’episodio e come vede sé stesso in quella situazione (ibidem).

Il terapeuta orienta poi il bambino ad identificare i suoi stati d’animo connessi a quella data situazione e a riportarli nel cuore delle emozioni il quale è associato al termometro emotivo: proprio come il termometro misura il livello di temperatura corporea, il termometro emotivo segna l’intensità dell’emozione provata (ibidem).

Il terapeuta deve quindi accogliere le emozioni del bambino ed aiutarlo nella loro accettazione, aiutandolo a capire che le emozioni sono per noi dei segnali, come una bussola ci orientano a capire cosa ci piace e cosa no, cosa ci fa stare bene e cosa no, se c’è un pericolo oppure no (Di Pietro, 2014).

La parte finale del disegno è invece dedicata a quello che è accaduto successivamente, ovvero alla conseguenza: “Cosa ho fatto dopo? Come ho reagito? Cosa ho detto?”.

Dott.ssa Antonella Grimaldi

Psicologa e Psicoterapeuta presso Centro Itinera.

Dott.ssa Federica Ciuccoli

Psicologa e Psicoterapeuta presso Centro Itinera.

Bibliografia:

Celi, F. (2020). Le emozioni dei nostri figli. Come far emergere le emozioni nascoste e imparare a gestirle insieme. De Agostini, Milano.

Di Pietro, M. (2014). L’ABC delle mie emozioni. Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT. 4-7 anni. Erickson, Trento.

Di Pietro, M. (2014). L’ABC delle mie emozioni. Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT. 8-13 anni. Erickson, Trento.

Lambruschi, F (a cura di) (2004). Psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva. Procedure di assessment e strategie psicoterapeutiche. Bollati Boringhieri, Torino.