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Il disturbo d’ansia da separazione in infanzia e adolescenza

Paola è una bambina di 8 anni, frequenta la terza elementare e da due mesi si rifiuta di andare a scuola. La mattina quando si prepara a casa piange e lamenta forti dolori allo stomaco. Talvolta vomita, implorando la madre di non portarla a scuola. I genitori sono preoccupati, ogni mattina la lasciano al cancello di scuola piangendo. Spesso ricevono telefonate dalle maestre perchè Paola richiede di tornare a casa per il forte mal di pancia. Mamma e papà si domandano spesso cosa sia successo da due mesi a questa parte. Si chiedono cosa abbia fatto scaturire questo rifiuto scolastico.

Carlo invece è un bambino di 9 anni, frequenta la quarta elementare. Da un paio di mesi si rifiuta di frequentare gli amichetti, di fare attività sportiva e di andare a dormire dai nonni. Spesso la notte si sveglia piangendo a causa dei brutti incubi e richiede di dormire nel lettone con mamma e papà. I genitori sono disorientati e non comprendono come mai il figlio abbia perso la serenità nel fare ogni cosa. Mamma e papà incitano Carlo nel proporgli attività ma lui reagisce con pianti e irritazione. Lamenta in questi casi mal di testa e cuore che batte a mille.

Le storie di Paola e Carlo sono apparentemente differenti. Cosa hanno invece in comune questi due bambini?

Il momento della separazione dalle proprie figure genitoriali, che viene vissuto con ansia, timore e tristezza.

Abbiamo già trattato, nell’articolo sugli attacchi di panico nel bambino, il tema del disturbo d’ansia da separazione. Intendiamo qua approfondirlo in quanto disturbo abbastanza frequente in età infantile ma anche adolescenziale.

In questo articolo
I sintomi

Il DSM V definisce il disturbo d’ansia da separazione come una paura o ansia eccessiva e inappropriata per la fase di sviluppo della persona. Essa compare nei momenti di separazione dalle figure di riferimento. Prime tra tutte le proprie figure genitoriali.

Per parlare di disturbo d’ansia da separazione devono essere presenti tre o più dei seguenti fattori, che nel bambino o nell’adolescente devono verificarsi per almeno un mese:

  • ricorrente ed eccessiva paura e disagio quando il soggetto prevede la separazione da casa o dalle proprie figure di attaccamento o sperimenta tali situazioni;
  • persistente preoccupazione riguardante l’incolumità delle proprie figure di attaccamento (morte, malattie, catastrofi naturali ecc);
  • preoccupazione circa eventi nefasti ed improvvisi che potrebbero provocare l’allontanamento dalle proprie figure di riferimento (lutti, malattie, incidenti ecc.);
  • paura e rifiuto nell’allontanarsi da casa;
  • timore e rifiuto nello stare da soli a casa o in altri ambienti in cui non sono presenti figure di riferimento;
  • presenza di incubi incentrati sulla separazione dalle figure di attaccamento;
  • insorgenza di reazioni somatiche (mal di testa, mal di pancia, tremolii ecc) quando la persona prevede di allontanarsi dalle principali figure di attaccamento o quando si separa da esse.

La presenza di questi fattori comporta una compromissione del funzionamento sociale, familiare e scolastico del bambino.

bambino isolato
Evitamento e ansia

Il bambino infatti vive l’esperienza della separazione dalle proprie figure di riferimento come momento angoscioso. Questo può sfociare in crisi di pianto, attacchi di panico, oppositività. Oppure sintomi somatici come mal di testa o nausea, messa in atto di rituali e richiesta costante della vicinanza delle figure adulte.

Di fronte a queste manifestazioni, segue spesso l’evitamento della situazione temuta. Ad esempio il bambino non trascorre del tempo con i pari fuori casa o si fa venire a prendere a scuola in anticipo ripetutamente. Questo comportamento, se perpetuato nel tempo, alimenta la paura della separazione.

Incidenza ed esordio

Il disturbo d’ansia da separazione ha un’incidenza del circa 4% nell’infanzia ed esordisce per lo più in età pre scolare e scolare, meno frequentemente in adolescenza.

Generalmente quando l’esordio è precoce la prognosi è migliore. Differentemente l’insorgenza tardiva può incidere più negativamente sul funzionamento sociale e scolastico. Il disturbo, inoltre, se non trattato può avere ripercussioni anche nell’età adulta. Possono manifestarsi ad esempio difficoltà nel viaggiare, nell’allontanarsi da casa, nel separarsi dalla propria famiglia per motivi lavorativi e di studio.

Per questi bambini il mondo circostante viene vissuto come minaccioso e fonte di pericoli. Unico modo possibile per proteggersi è solo con la vicinanza e il soccorso delle proprie figure di attaccamento. Il bambino si percepisce come debole ed incapace di tollerare la solitudine ed il sintomo è lo strumento che ristabilisce la vicinanza, fisica ed emotiva, con le proprie figure di attaccamento.

bambino psicoterapia
L’intervento terapeutico

Lo scopo dell’intervento cognitivo comportamentale è quindi aiutare il bambino ad esplorare il mondo circostante, non percependolo più come pericoloso. Egli deve vivere il momento di separazione delle figure di riferimento come fonte di esperienza e non più di minaccia. 

Per poter raggiungere questo obiettivo è quindi necessario un intervento che veda protagonisti sia il piccolo paziente, ma anche la coppia genitoriale. Questa deve essere affiancata nel riconoscimento e nella gestione di quelle situazioni che innescano nel figlio la paura della separazione.

Dopo quindi una prima fase di assessment è possibile aiutare il bambino nella scoperta delle emozioni e dei pensieri che affollano la sua mente nei momenti di separazione dalle figure di riferimento. Mediante tecniche come il disegno, la creazione di storie e l’ABC, il bambino viene affiancato nel riconoscere la paura come emozione primaria sottostante alla sua sofferenza. Successivamente essa sarà articolata nelle sue componenti somatiche, ma anche in quelle cognitive e comportamentali.

Sul piano somatico è infatti importante aiutare il piccolo paziente a collegare le sue reazioni all’emozione della paura.

Parliamo proprio del cuore che batte forte o il mal di pancia che esordisce in quel momento. Lo scopo infatti è quello di leggere l’ansia non come una malattia, ma come il frutto dell’emozione della paura.

Il percorso d’elezione passa per una maggiore consapevolezza delle proprie sensazioni corporee. Una volta acquisita una maggiore dimestichezza con i segnali fisiologici, sarà possibile procedere con una loro regolazione. Si arriverà al risultato attraverso ad esempio tecniche di rilassamento, di respirazione ed immaginative. Fondamentale sarà proporle al bambino con una forma giocosa e divertente.

ABC cognitivo ed esposizione

Le schede ABC vengono impiegate inoltre per aiutare il bambino nel descrivere le brutte immagini e i brutti pensieri che sopraggiungono ogni qual volta è prevista una separazione. Questi bambini infatti durante i momenti di ansia possono presentare immagini paurose, come incidenti, lutti, malattie che coinvolgono le proprie figure di riferimento.

Compito del clinico è quindi aiutare il piccolo paziente ad identificare bene questi pensieri e queste immagini.  Successivamente egli dovrà individuare pensieri più funzionali, ovvero pensieri che possano aiutarlo nel tollerare la separazione e la solitudine.

Per quanto riguarda infine il piano comportamentale, le tecniche utilizzate sono quelle di esposizione alla situazione temuta, sia in immaginazione che in vivo, e il problem solving. La loro sperimentazione aiuta il bambino, una volta pronto, a prendere dimestichezza del mondo circostante e di conseguenza ad allenarsi ai momenti di separazione.

Dott.ssa Federica Ciuccoli

Psicologa presso Centro Itinera.