Da una ricerca di Oatley e Duncan (1994) risulta che tra le cinque emozioni fondamentali sperimentate nella vita quotidiana da soggetti normali il disgusto è la meno frequente: si parla quindi poco del disgusto, o ripugnanza, tuttavia come già visto in questo articolo questa è una delle emozioni di base al pari della paura, della tristezza, della gioia, della rabbia (Darwin, 1872).
Ricordate l’ultima volta che avete provato disgusto? Come vi siete sentiti? È successo assaggiando un alimento? Per la vista di una ferita o di sangue? Dal contatto con persone malate o sgradevoli? Riuscireste a mangiare un insetto?
Andiamo con ordine e cerchiamo di identificare questa emozione e approfondirne la genesi e la funzione.
Cos’è esattamente il disgusto?
La parola disgusto deriva dall’unione del termine “gusto” con il prefisso dispregiativo “dis”. Disgusto significa quindi letteralmente “cattivo gusto” (Olatunji e McKay, 2006).
Si tratta di un’emozione di base con distinte componenti:
- comportamentali che si riflettono in tentativi di fuga o evitamento;
- cognitive che si traducono in sensazione di sporcizia e contaminazione;
- fisiologiche che corrispondono a nausea, vomito e svenimento (Rachman, 2004), la cui funzione è quella di prevenire eventuali contaminazioni e malattie (Rozin, Haidt e McCauley, 1993).
Darwin, nel suo libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” (1872), definì il disgusto come “qualcosa di nauseante in relazione primariamente al senso del gusto”, sia esperito sul momento che ricordato.
Il disgusto, è considerato un’emozione complessa di difesa da pericoli di varia natura e non solo come una forma istintiva di rifiuto del cibo.
In particolare, Rozin, il principale esponente in questo ambito, identifica diverse tipologie di disgusto:
- il core disgust si avvicina di più al concetto psicoevoluzionistico originario riferendosi proprio all’emozione che rende l’uomo più cauto su ciò che mette in bocca, è una difesa orale da tre differenti domini di stimoli: cibo,animali e prodotti corporei di rifiuto;
- L’animal reminder disgust (Rozin, Lowery e Ebert, 1994) è una difesa dal contatto e dalla vista di oggetti disgustosi;
- Il contamination disgust si riferisce principalmente a reazioni di disgusto innescate da comportamenti sessuali inappropriati o anomali (sulla base di norme socio-culturali) visti o vissuti in prima persona;
- Il disgusto interpersonale (Haidt, McCauley e Rozin, 1994) implica il contatto, diretto o indiretto, con persone indesiderate, perché considerate sgradevoli e contaminanti;
- Il disgusto socio-morale (Haidt, Rozin, McCauley e Imada, 1997), è elicitato da violazioni morali o sociali. Gli eventi giudicati moralmente disgustosi sono molto eterogenei, poiché risentirono fortemente delle influenze culturali di ogni popolo.
Come le altre emozioni fondamentali il disgusto presenta:
- un’espressione facciale caratteristica (Ekman e Friesen 1975, Izard 1977, Rozin, Lowery, Ebert 1994); Essa è caratterizzata da arricciamento delle narici, apertura della bocca, innalzamento del labbro superiore, corrugamento delle sopracciglia e leggera chiusura delle palpebre. Solitamente, in concomitanza tutto il corpo si contrae e si emettono segnali di ribrezzo;
- uno specifico pattern comportamentale che dispone il soggetto ad agire in un modo appropriato e specifico: allontanare da sé la sostanza disgustosa (Rozin e Fallon 1987, Power e Dalgleish 1997, Mancini 1998);
- una caratteristica manifestazione fisiologica che comprende la nausea, un incremento della salivazione,una sensazione di vomito che portano alla repulsione. (Rozin e Fallon 1988)
Fin da bambini il disgusto è presente nelle nostre vite, indipendentemente dalla sua intensità. Per questo motivo, è importante sapere cosa si cela dietro questa emozione, poiché a volte va oltre l’elemento puramente tossico, interessando, ad esempio, il nostro modo di percepire il mondo.

Il disgusto è culturale?
L’esperienza del disgusto è universale. È una reazione adattativa che ci impedisce di vivere situazioni sgradevoli e nocive per la salute. Alla base di questa emozione si trova dunque l’intenzione di evitare di essere contaminati, ma può variare a seconda della propria cultura. Sebbene si tratti di un’emozione che ci aiuta a evitare eventuali pericoli per l’organismo, è pur vero che in base alla cultura ci sono alimenti che, seppur non tossici, possono sembrarci più o meno ripugnanti.
Il disgusto puo’ essere ideologico?
Provare disgusto ci aiuta a mantenere il nostro organismo lontano da elementi tossici, ma questa emozione non riguarda solo gli alimenti e può essere trasferita anche all’ambito ideologico. Molte persone esprimono il disgusto che provano nei confronti di un’altra cultura, razza, religione, paese.
Anche questa idea si basa sul pensiero di tossicità.
“La paura sorge in presenza di una minaccia fisica, mentre il disgusto appare in presenza di un pericolo spirituale.”
-Paul Rozin-
Il disgusto si presenta come un’emozione fortemente corporea nel senso che sorveglia l’integrità del corpo ed è suscitato da sostanze che entrano in contatto con il corpo, ma sembra essere, più che un’emozione che sorveglia il corpo in quanto tale, un’emozione che protegge il sé, la propria dignità di uomo e il senso di appartenenza al gruppo.
Quindi il disgusto può essere considerato un’emozione che si è evoluta al fine di consentire un adattamento dell’individuo alla cultura (Rozin 1982), un’emozione finalizzata alla trasmissione di valori culturali, sociali e morali.
Inoltre, visto che le informazioni attinenti al contagio di una malattia sono elaborate come se fossero informazioni attinenti al dominio del disgusto, anche il timore del contagio di una malattia, ad esempio l’AIDS, può essere sovrastimato poiché suscita disgusto oppure sottostimato, ad esempio il timore di contagio da una malattia di un figlio, poiché non provoca disgusto.

Che legame c’è tra Disgusto e contaminazione?
Disgusto e contaminazione sono visti come concetti legati ma distinti, posti su un unico continuum. Il disgusto, come emozione di base, elicita specifici pattern di risposta fisiologica, comportamentale ed una tipica espressione facciale.
La contaminazione è invece il processo valutativo/interpretativo che si verifica in seguito all’esperienza di disgusto o all’esposizione a stimoli potenzialmente disgustosi (Olatunji, Lohr e Sawchuk, 2007).
La contaminazione è definita come una “intensa e persistente sensazione di essere stati contagiati, infettati, o messi in pericolo dal contatto, diretto o indiretto, con una persona, luogo, oggetto percepiti come sporchi, impuri, infetti o nocivi” (Rachman, 2004).
Ad esempio la profonda rivoluzione legata alla crisi pandemica che le nostre vite stanno subendo in questi giorni ci spinge a chiederci se e in che modalità, il disgusto tra gli altri fattori abbia avuto un ruolo determinante nel modificare i nostri stili di comportamento. Quanto il timore del contagio sia stato fondamentale per proteggerci dalla contaminazione e quando abbia cambiato però, i nostri atteggiamenti nei confronti del mondo esterno e degli altri. È probabile, infatti, che il timore del contatto, ormai così profondamente radicato nella nostra mente e nelle nostre azioni quotidiane, resti impresso dentro di noi, con notevoli conseguenze comportamentali ed emotive. Tale cambiamento sarà probabilmente amplificato in coloro che già in precedenza mostravano alcune specifiche vulnerabilità. È quindi necessario chiedersi in che modalità il loro stile di vita si modificherà a seguito della pandemia vissuta oggi. In futuro probabilmente per ciascuno di noi diventerà particolarmente difficoltoso mettere in atto atteggiamenti e comportamenti verso gli altri e verso il mondo esterno simili al passato: stringersi le mani, abbracciarsi, baciarsi o frequentare luoghi affollati saranno gesti legati al timore di non essere al sicuro.
Quando il disgusto diventa patologico?
Avere una certa sensibilità al disgusto non è patologico in sé per sé.
Sembra invece che la propensione a provare disgusto abbia un legame con lo sviluppo ed il mantenimento di varie psicopatologie:
- Disturbi d’ansia soprattutto nel caso di fobie specifiche: insetti-ragni, sangue-ferite-iniezioni;
- Disturbi del comportamento alimentare come bulimia e anoressia nervosa;
- Alcune disfunzioni sessuali e ipocondria;
- In particolare, molti studi hanno investigato la particolare relazione tra il disgusto e il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC).
Anche se presente in tutte le differenti dimensioni sintomatologiche del DOC, in quella della pulizia l’emozione del disgusto gioca un ruolo principale: alti livelli di vulnerabilità predicono maggiori livelli di sintomatologia di contaminazione, di distress relativo al lavaggio, di credenze ossessive e di comportamenti sempre di lavaggio, misurati in termini di frequenza. Come si può spiegare tale relazione? Secondo Teachman potrebbe derivare tutto da un’interpretazione negativa dell’iniziale sensazione di disgusto: tale sensazione è percepita in maniera intrusiva ed eccessiva, al punto da motivare la messa in atto di atteggiamenti specifici come il lavaggio eccessivo e il controllo.
Inoltre, individui con un’elevata propensione al disgusto possono sentirsi particolarmente responsabili per la prevenzione della contaminazione, per cui si sentono in dovere di liberarsi dallo stimolo contaminato e disgustoso.

Gli interventi Antidisgusto
La terapia cognitivo comportamentale, in particolare gli interventi ABC, possono essere utili nel riconoscere e normalizzare pensieri ed emozioni disfunzionali, ristrutturare la gravità della minaccia percepita e aumentare l’autoefficacia nell’affrontarla.
Gli interventi antidisgusto si focalizzano perciò su sugli aspetti del pensiero che alimentano la percezione di contaminazione, così da sostituire la rappresentazione con una più funzionale.
- Il primo passo è la Normalizzazione del sintomo. In questo caso consiste nello spiegare al paziente il funzionamento del disgusto e della contaminazione e nel rassicurarlo del fatto che è normale salvaguardarsi dal contatto con sostanze disgustose soprattutto se si visualizza nel contatto con un oggetto, l’immagine amplificata di una sostanza disgustosa.
- Il passo successivo per ridurre il potere disgustante con gli stimoli attivanti è aiutare il paziente a trasformare queste rappresentazioni in immagini meno terrifiche. Si può favorire la sostituzione delle immagini disgustose con altre meno estreme attraverso interventi che mirano a rassicurare il paziente rispetto alla normalità della contaminazione.
L’obiettivo dei trattamenti è rendere l’individuo maggiormente capace di fronteggiare tale emozione rendendola tollerabile attraverso la disconferma delle credenze irrazionali circa la sua pericolosità e la sua durata.

Dott.ssa Damiana Bassi
Psicologa presso Centro Itinera.