È una delle emozioni di base, un’emozione universale, che appartiene all’esperienza umana comune e condivisa a prescindere dall’età, dalla cultura e dall’etnia di appartenenza.
Abbiamo visto cosa sono le emozioni in questo articolo: nel dettaglio, la rabbia è uno stato affettivo intenso che si attiva nell’individuo in risposta a stimoli sia interni sia esterni e alla loro interpretazione cognitiva. Secondo alcuni studiosi, ad esempio Anolli (2002), è più appropriato definirla “collera” in relazione al termine scientifico inglese “anger”, anche se il gergo comune utilizza più frequentemente rabbia per definire lo stato emotivo. Nel lessico emotivo della categoria emotiva della rabbia, alcune parole vengono utilizzate dagli individui per descrivere tale stato emotivo, quali ad esempio esasperazione, agitazione, irritazione, amarezza, ferocia, furore, frustrazione, scontrosità, ostilità, indignazione, ira.
Di Giuseppe e Tafrate (2007) hanno definito la rabbia:
“Uno stato emotivo sperimentato a livello soggettivo con un’elevata attivazione del sistema simpatico autonomo. È inizialmente suscitata dalla percezione di una minaccia, anche se può persistere dopo che la minaccia è passata. La rabbia è associata a cognizioni e pensieri di attribuzione e di valutazione che sottolineano le malefatte degli altri e motivano una risposta di antagonismo per contrastare, scacciare, ritorcere contro, o attaccare la fonte della minaccia percepita. La rabbia è comunicata attraverso la mimica facciale o posturale o inflessioni vocali, verbalizzazioni avverse e comportamento aggressivo”

La rabbia non è aggressività
La rabbia viene spesso identificata socialmente come una reazione “brutta”, che conferisce una connotazione negativa a chi la esprime; viene spesso mal interpretata e considerate negativamente dalle persone perchè frequentemente associata all’aggressività. In realtà queste due esperienze sono decisamente differenti: innanzi tutto la rabbia è un’emozione e può essere provata in differenti situazioni e con diversi livelli di intensità. Ad esempio possiamo essere arrabbiati con il marito o la moglie perché non ha fatto la spesa come stabilito, piuttosto che essere arrabbiati nei confronti di una persona che tratta con crudeltà un animale. L’aggressività invece riguarda un comportamento messo in atto per colpire qualcosa o qualcuno. Può essere un comportamento fisico come picchiare o spingere qualcuno piuttosto che verbale come nel caso degli insulti rivolti contro la persona con la quale si è arrabbiati. Quindi se la moglie non va a fare la spesa come stabilito e tocca a noi farlo possiamo provare rabbia nei suoi confronti, ma se la insultiamo per questo o la maltrattiamo fisicamente stiamo attuando un comportamento aggressivo.
E’ importante fare questa distinzione perché nella maggioranza dei casi l’emozione di rabbia sperimentata non è seguita da un comportamento aggressivo. La rabbia può esitare in comportamenti aggressivi (ad es. urlare, lanciare oggetti) e di certo aumenta la probabilità di metterli in atto (Anderson & Bushman, 2002). Questi comportamenti a loro volta possono portare a esiti negativi, come discussioni accese, distruzione di proprietà o aggressioni fisiche. Dunque, le persone che sperimentano livelli elevati di rabbia hanno una probabilità maggiore di incorrere in esiti negativi (Deffenbacher, Oetting, Lynch, & Morris., 1996).
La violenza rappresenta l’esempio più drammatico delle conseguenze negative della rabbia, la forma di gestione più distruttiva (Korn & Mùcke, 2001). Detto ciò, però, l’emozione di rabbia non sfocia sempre in azioni violente e aggressive, così come la violenza e l’aggressione possono verificarsi in assenza di rabbia (ad es. nel caso di una rapina in cui l’aggressione è puramente strumentale). Esistono infatti, azioni aggressive depurate dalla rabbia e azioni rabbiose che non possono essere definite aggressive: una persona che si arrabbia è sempre emozionata, mentre quella aggressiva può anche essere in uno stato non-emotivo o di apatia (Fein, 1993).

Le componenti della rabbia
La rabbia è uno stato affettivo intenso che si attiva nell’individuo in risposta a stimoli sia interni sia esterni e alla loro interpretazione cognitiva. E’ un processo che segue alcune fasi (inizio, durata, attenuazione) cui si accompagnano modificazioni fisiologiche e comportamentali che hanno spesso una funzione di adattamento dell’individuo all’ambiente. La rabbia, come le altre emozioni, è da intendersi come un processo multicomponenziale, tra le sue componenti riscontriamo anche l’attivazione fisiologica dell’organismo, la componente cognitiva (interpretazioni cognitive, pensieri, credenze, immagini), la componente fenomenologica (consapevolezza soggettiva, etichettamento lessicale), la componente espressiva e comportamentale (il linguaggio del corpo, le espressioni facciali e la tendenza all’azione). Queste dimensioni interagiscono tra loro influenzando l’esperienza individuale di rabbia.
- Componente fisiologica
In termini di attivazione fisiologica dell’organismo, si manifestano variazioni fisiologiche, come l’accelerazione del battito cardiaco, l’aumento dell’afflusso del sangue nella periferia del corpo, la maggiore tensione muscolare, la sensazione di calore e iper-sudorazione. Tutto questo ci dice che il nostro corpo è pronto ad aggredire e a difendersi contro il presunto nemico.
- Componente espressiva
Per quanto riguarda invece la manifestazione comportamentale della rabbia a livello mimico e corporeo è simile a quella osservata negli animali. Gli studi di Ekman e Oster (1979) hanno dimostrato che l’espressione facciale della rabbia è simile e facilmente riconoscibile in persone di culture molto diverse. I cambiamenti del volto comprendono: l’aggrottare violento delle sopracciglia, lo scoprire e digrignare i denti, lo stringere le labbra, mentre gli occhi appaiono lucidi e a volte si ha la difficoltà a fermare le lacrime.
- Componente cognitiva
La dimensione cognitiva gioca un ruolo prioritario nell’esperienza di rabbia, infatti i pensieri negativi che si attivano automaticamente nell’individuo in risposta a un evento/stimolo rinforzano le emozioni negative sfociando talvolta in azioni distruttive (Beck, 1999, vedi articolo dedicato). Già Izard nel 1977 aveva identificato come possibili cause della rabbia alcuni sentimenti, pensieri ed eventi: essere trattati male, costretti a fare qualcosa contro la propria volontà, essere abbandonati, venire delusi, essere traditi, sapere di essere odiati, essere oggetto di attacchi fisici o verbali, essere criticati, sentire di aver fallito, vedere andare male i propri progetti, assistere ad azioni stupide o violente e fare qualcosa che non viene apprezzato. La variabile cognitiva è determinante nell’esperienza e nell’espressione della rabbia in quanto è una risposta emotiva ad uno stimolo che viene percepito e dunque interpretato dall’individuo come provocatorio (Novaco, 1975). La rabbia si attiva quando l’individuo interpreta un evento come ostacolo al perseguimento di un proprio obiettivo o quando ritiene di aver subito immeritatamente un torto, un danno (D’Urso & Trentin, 2001).
- Componente comportamentale
A livello comportamentale, in casi estremi la rabbia si esprime attraverso dei comportamenti (rompendo oggetti, guidando velocemente, eterolesività, etc.), ma il più delle volte si manifesta verbalmente con l’alterazione del tono di voce che diventa più intenso o sibilante, stridulo o minaccioso e, come visto sopra, con una particolare mimica facciale, quale l’aggrottare la fronte, le sopracciglia, serrare i denti, fino a digrignare in alcuni casi. L’organismo assume una postura che gli permette di entrare in azione da un momento all’altro, di attaccare o di aggredire.

A cosa serve la rabbia? La funzione adattiva
“La rabbia è non soltanto inevitabile, è necessaria. La sua assenza indica indifferenza, la più disastrosa delle carenze umane.”
(Arthur Ponsonby)
Le emozioni di base, fra cui la rabbia, sono filogeneticamente determinate, hanno una base innata e una funzione adattiva. Anche la rabbia quindi, come tutte le emozioni, può essere funzionale e avere appunto una funzione adattiva. La funzione adattiva della rabbia o collera risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e/o nel rispondere a un’ingiustizia/torto subito o percepito, alla percezione della violazione dei propri diritti.
La rabbia rappresenta un segnale di allarme, indica la presenza di un ostacolo al raggiungimento degli scopi che l’individuo si prefigge o la violazione dei suoi diritti. In altri casi, la rabbia ha la funzione di avvisare della presenza di una minaccia all’autostima, all’immagine sociale e alla possibilità di essere vittima di un’ingiustizia, in modo tale da poterla affrontare ed eliminare alla fonte. La rabbia si attiva tutte le volte che si pensa di aver subito un torto ed esso è ritenuto: intenzionale, malevolo, immotivato e compiuto da una persona indesiderabile.
Numerosi sono i motivi per cui è possibile perdere la calma, per esempio quando consideriamo un’altra persona responsabile per averci procurato un danno, un fastidio; oppure, se non dovessimo trovare un responsabile diretto è possibile arrabbiarsi con se stessi. Ci si arrabbia raramente nei confronti di oggetti e più di frequente verso le persone proprio perché attribuiamo loro la consapevolezza e la volontà di arrecare un danno (Averill, 1982). Spesse volte ci arrabbiamo con le persone a cui siamo più legati, come i genitori, i coniugi, in quanto proprio da loro ci aspettiamo di essere capiti e ascoltati, ma questo non si verifica sempre.
Quando la rabbia non è più utile? La rabbia disfunzionale
“Le conseguenze della collera sono molto più gravi delle sue cause.”
(Marco Aurelio)
La rabbia è disfunzionale quando crea sofferenza individuale, oppure compromette le relazioni sociali e spinge a compiere azioni dannose verso persone o cose o se stessi.
L’emozione di rabbia,sia che sfoci in azioni aggressive e violente, sia che permanga a livello soggettivo come esperienza emotiva duratura e persistente, si associa spesso a una serie di avverse conseguenze a livello psicologico e sulla salute fisica. La rabbia può creare molti problemi alle persone quando sfocia in aggressività e violenza diretta verso se stessi o gli altri. Tra i comportamenti aggressivi verso gli altri possiamo trovare le aggressioni fisiche, il danneggiamento di proprietà personali, le ingiurie e la diffamazione. Tra i comportamenti aggressivi rivolti verso se stessi troviamo l’abuso di alcool, l’abuso di sostanze, l’autolesionismo ecc. Quando la rabbia diventa in qualche modo cronica, cioè diventa l’emozione dominante nella vita quotidiana delle persone, questa può avere degli effetti molto negativi sulla vita psichica e fisica e compromettere un buon funzionamento personale e relazionale. Inoltre le conseguenze di questa emozione possono frequentemente suscitare altre emozioni quali tristezza, colpa, paura che non fanno altro che alimentare il malessere percepito ed impedire un adattamento adeguato della persona al suo contesto sociale. In questi casi è utile per la persona richiedere l’intervento di uno psicologo che possa aiutarlo e supportarlo nella conoscenza e nel processo di gestione di questa emozione.

Che cosa fare quando la rabbia è troppo intensa?
“Tutti sono in grado di arrabbiarsi, è facile…ma arrabbiarsi con la persona giusta, con la giusta intensità, nel modo giusto, nel momento giusto e per un giusto motivo, non è nella facoltà di tutti e non è un compito facile.”
(Aristotele)
Diversi studi sul trattamento di problemi connessi alla rabbia e all’aggressività hanno confermato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale (CBT) (Lipsey, 2009; Litschge, Vaughn, & McCrea, 2010; Özabaci, 2011) tra gli interventi finalizzati al miglioramento della regolazione emotiva. La CBT utilizza diverse tecniche per intervenire e modificare i processi cognitivi e i comportamenti del paziente (Beck, 2011). Queste tecniche aiutano il paziente a riconoscere la catena di pensieri (B) e reazioni emotive e comportamentali (C) che si attivano in situazioni diverse (A), in relazione a stimoli esterni o interni (modello A-B-C di Ellis). Il paziente è poi incoraggiato dal terapeuta a mettere in discussione i pensieri automatici negativi, le convinzioni rigide e generalizzate con cui interpreta le situazioni e gli eventi verificandone la veridicità e l’utilità. La parte finale della terapia in genere comporta la generazione di credenze alternative a quelle ormai riconosciute dal paziente come disfunzionali.
Spesso, a supporto del lavoro sulla dimensione cognitiva, vengono insegnate al paziente tecniche di rilassamento per controllare l’attivazione fisiologica (DiGiuseppe & Tafrate, 2003). Le tecniche di rilassamento e/o la mindfulness associati alla CBT sembrano rendere ancora più efficaci gli interventi per problemi connessi alla rabbia e all’aggressività (Deffenbacher, 2011; Pellegrino, 2012).
Inoltre, si propongono ai paziente training sulle abilità di problem solving e l’identificazione di comportamenti alternativi, ad esempio attraverso il role playing (Blake & Hamrin, 2007; Landenberger & Lipsey, 2005; Sukhodolsky, Kassinove, & Gorman, 2004).
Anche interventi di skills training finalizzati al miglioramento della regolazione delle emozioni in generale (come ad esempio quelli messi a punto nell’ambito della Dialectical Behaviour Therapy di M. Linhean) possono essere efficaci nel trattare difficoltà di gestione della rabbia e delle condotte impulsive ad essa correlate.

Dott.ssa Laura Angella
Psicologa e Psicoterapeuta presso Centro Itinera.