Alla ricerca della felicità: la gioia

Tutti la vogliono. Tutti la bramano. Tutti ci sforziamo di raggiungerla.

Ma che cos’è esattamente la felicità?

Se proviamo a domandarci e a domandare agli altri cosa sia la felicità probabilmente otterremo svariate risposte. Per alcuni la felicità è un’emozione, una condizione soggettiva positiva. Per altri è una sorta di stato esistenziale costante, una sensazione costante di appagamento. Per altri ancora essere felici coincide con il possedere dei valori positivi. La verità è che definire cosa sia la felicità è per chiunque un’impresa assai ardua.

La gioia fa parte delle cinque emozioni di base (assieme a tristezza, rabbia, disgusto e paura) individuate dallo psicologo statunitense Paul Ekman è innata e universale, l’unica a valenza positiva capace di generare sensazioni di piacere, contentezza o gratificazione.

Come nasce la gioia?

Solitamente proviamo gioia in seguito a un evento al quale viene attribuito un valore affettivo importante, in circostanze che percepiamo come sicure e familiari.

Si può ad esempio provare gioia quando raggiungiamo un traguardo a lungo inseguito, quando la realtà supera le nostre aspettative, quando riceviamo amore, apprezzamento o affetto dagli altri, quando una situazione genera in noi ricordi piacevoli.

Le componenti della gioia

La gioia è una risposta emotiva che può essere percepita con intensità diverse. Ogni individuo tende ad esprimere e a manifestare gioia in un modo del tutto unico che può dipendere dalla percezione che ha di sé stesso e del mondo circostante e dalla cultura di appartenenza.

Le persone che provano gioia a livello fisiologico presentano un’attivazione generale dell’organismo che si manifesta con un’accelerazione della frequenza cardiaca, un aumento del tono muscolare e della conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della respirazione.

A livello comportamentale, la gioia crea una sensazione di libertà e leggerezza. L’individuo tende a sorridere di più, a garantire maggiore attenzione e ad essere più creativo. Il sorriso è una delle caratteristiche fisiche della gioia. Questo gesto corporeo unisce movimenti oculari e muscolari contemporaneamente e la gioia è l’unica emozione in grado di generarlo in maniera autentica.

A livello cognitivo, la gioia riesce ad ottimizzare l’apprendimento e la memoria (questo viene spiegato con la maggiore attivazione generale che si accompagna agli stati euforici), mentre non aiuta particolarmente nei processi di valutazione, in quanto porta a sopravvalutare i risultati positivi e a sottovalutare gli errori e i risultati negativi. Le persone gioiose e allegre osano più degli altri, prendendo a volte decisioni azzardate ed imprecise.

La funzione della gioia

Questa emozione è in grado di svolgere le seguenti funzioni:

  • ci informa che la situazione che stiamo vivendo è positiva per noi e ci stimola a preservarla o mantenerla;
  • avvicina le persone e favorisce la cooperazione;
  • aiuta a costruire una buona autostima;
  • permette di creare un senso di appartenenza e comunità visto che crea connessioni con altre persone con cui condividerla;
  • crea fiducia nel futuro, permettendo di perseverare nel raggiungimento dei propri obiettivi.

La psicologa Barbara Fredrickson, professoressa di Psicologia presso l’Università del North Carolina, ha notato come le emozioni positive sembrano in grado di produrre tre importanti conseguenze psicologiche:

  1. Rinforzano le capacità attentive e cognitive, tra cui memoria, creatività e apprendimento;
  2. Favoriscono la capacità di analisi globale predisponendo a una visione complessiva delle cose;
  3. Migliorano le capacità di resilienza, ovvero l’abilità di far fronte in maniera flessibile alle situazioni di pericolo e di stress, generando maggiore fiducia in sé stessi.

Gioia e felicità sono la stessa cosa?

Daniel Kahneman e Jason Riis, rispettivamente professore e ricercatore di Psicologia presso la Princeton University, hanno distinto due dimensioni della felicità: quella esperienziale e quella valutativa. La prima comprende condizioni psicologiche transitorie, quali emozioni positive brevi, legate a situazioni contingenti di benessere e gratificazione. La seconda include invece valutazioni globali, come ad esempio la percezione della qualità di vita e di autonomia, quella di controllo delle proprie azioni e decisioni e per tale ragione riguarda sensazioni più persistenti e durature. 

Antonella delle Fave, docente di Psicologia generale presso l’Università di Milano, ha voluto vedere in questa distinzione l’elemento discriminatorio tra gioia e felicità. La prima di breve durata, la seconda più stabile e duratura.

Quando compare l’emozione della gioia?

I bambini sono in grado di provare emozioni sin dai primissimi mesi di vita. I neonati, già poche ore dopo la nascita, sembrerebbero essere in grado di discriminare e imitare le espressioni facciali prodotte dagli adulti attribuendovi uno stato emotivo, di imitare le espressioni altrui e, soprattutto, di regolare la propria risposta emotiva sulla base degli indici espressivi forniti dalle figure di riferimento.

Fin dalla nascita è presente nel bambino il “sorriso endogeno”, volto a segnalare stati di benessere fisiologici, tuttavia esso non è ancora definibile come un’emozione; infatti il “sorriso sociale”, si svilupperebbe solo a partire dal secondo mese di vita.

La gioia come emozione vera e propria, inizierebbe a manifestarsi intorno ai cinque mesi.

La trappola della felicità: quando la ricerca della felicità produce effetti negativi

Vale la pena sottolineare come talvolta la ricerca spasmodica della felicità da raggiungere ad ogni costo possa produrre effetti psicologici negativi. Gli studiosi hanno rilevato che l’incapacità di soddisfare aspettative eccessivamente elevate crea frustrazione e incide negativamente sull’umore.

Se da un lato è comprensibile il fatto che tutti noi ci sforziamo di stare bene e di provare il maggior numero di sensazioni positive nella nostra vita, dall’altro è anche vero che il dolore fa parte della vita e dobbiamo prendere atto del fatto che prima o poi, tutti noi, vivremo delle esperienze che ci esporranno alla sofferenza. Non è possibile controllare o evitare il dolore e più combattiamo le emozioni negative e più loro tenderanno a controllare noi.

La salute ed il benessere psicologico non passano dall’ evitamento delle emozioni negative, bensì dalla capacità di accoglierle come esperienze normali della nostra esistenza.

Lo psicoterapeuta australiano, Harris Russ (2010) ha messo in evidenza le credenze disfunzionali che contribuiscono a farci sentire infelici:

  • Trappola 1: Tutti sono felici tranne io!

Già a partire dalle favole – con il classico lieto fine del “e vissero felici e contenti” – a partire dalla più tenera età, la cultura tende a far passare il messaggio che tutte le vicende terminano positivamente e che il male deve necessariamente cessare di esistere. La tv, i mass media e i nuovi media, presentano costantemente un mondo fatto di sorrisi, di gente felice e soddisfatta e questo contribuisce a creare una credenza pericolosa che può essere espressa nella seguente affermazione: “Tutto il mondo è felice, tranne me.”

Ma è proprio così? In realtà si tratta di una falsa credenza: ciascuno di noi nella propria vita alterna momenti di serenità a momenti difficili. Nessuno di noi è immune alla sofferenza. Il pericolo insito all’interno di questa trappola risiede nel fatto che, secondo il meccanismo della profezia che si auto-avvera, la convinzione di essere l’unico al mondo ad essere infelice, genera realmente un maggior senso di infelicità.

  • Trappola 2: l’infelicità è segno di anormalità

Una conseguenza della precedente trappola è la convinzione disfunzionale che ci porta a credere che, nel momento in cui sperimentiamo sentimenti di infelicità e sofferenza ci sia qualcosa in noi che non va. Ciò che ne consegue è l’amplificarsi di un profondo senso di sofferenza poiché, l’inquietudine, le emozioni negative vissute come segno di debolezza, vengono occultate e nascoste. Questo atteggiamento contribuisce a creare la terza trappola.

  • Trappola 3: nascondiamo i sentimenti negativi

Il messaggio che ci invia la società è quello di riempire la propria vita esclusivamente di emozioni positive. Se da un certo punto di vista questo può sembrare del tutto lecito, ad un’analisi più approfondita emerge in cosa consiste la trappola insita in questa credenza: ciò che nella nostra vita è importante, richiama necessariamente emozioni positive e negative. Se pensiamo ad esempio all’amore questo è in grado di regalare gioie ma anche delusioni; o ancora ottenere il lavoro che si desidera, richiede anche il dover fare i conti con paure, ansie e stress.

  • Trappola 4: controllare a più non posso!

Una credenza in grado di innescare un circolo vizioso di ulteriore sofferenza e negatività è la convinzione di essere in grado di controllare pensieri e immagini negative. La soluzione proposta da molte teorie e programmi di mutuo-aiuto consiste nel sostituire i pensieri negativi con parole, frasi e immagini connotate da positività. Se in alcune situazioni, queste tecniche possono essere utili, in altre forniscono un supporto soltanto momentaneo.

È possibile incrementare gli stati emotivi positivi?

Siamo più abituati a soffermarci e dare rilevanza alle nostre emozioni spiacevoli (es. paura, senso di colpa, rabbia, ansia, vergogna, disgusto) e ad adoperarci per ridurle quando diventano troppo intense. Più raramente, invece, ci soffermiamo a riflettere sull’importanza per la nostra salute mentale di attivare ed incrementare anche stati emotivi positivi. Un po’ come se fossimo guidati dalla convinzione che la riduzione delle emozioni comunemente chiamate “negative” comporti in automatico un aumento nella percezione di quelle positive.

E’ tuttavia possibile incrementare gli stati emotivi positivi. Ecco alcune indicazioni che sicuramente possono aiutare a orientarsi in questo senso:

  • Aumenta il numero di eventi piacevoli nella tua vita

Gli eventi positivi a breve termine sono quelli che ci fanno sentire meglio nell’immediato. Per quanto difficile possa essere la nostra vita, ogni persona può trovare e svolgere attività piacevoli che almeno momentaneamente gli diano un senso si benessere.

Dedica ogni giorno uno un po’ di tempo per fare consapevolmente almeno una cosa che ti susciti emozioni positive. Se ti sembra difficile riuscire a trovare lo spazio per svolgerle, pianificale per tempo.

Affinché gli eventi piacevoli siano efficaci è necessario praticarli quotidianamente, variando e provando più attività. Col tempo, ascoltandoti e conoscendoti, imparerai a capire cosa ti fa stare bene in ogni momento.

  • Prova ad includere tra i tuoi eventi piacevoli esperienze condivise con persone la cui compagnia ti permette di provare divertimento, tranquillità e piacere.

La ricerca scientifica ha dimostrato che condividere esperienze e/o svolgere attività che implicano comportamenti di condivisione e gentilezza verso altri contribuisce al nostro benessere.

  • Concentra la tua attenzione sugli eventi positivi mentre accadono

Un evento piacevole al quale non si presta attenzione mentre accade non avrà effetto sulle tue emozioni. Prestare attenzione agli eventi positivi mentre accadono può essere faticoso se siamo assorbiti da preoccupazioni o da elementi distraenti, soprattutto se il numero di eventi positivi è decisamente minore di quelli dolorosi. Ci vuole pratica! Direziona la tua attenzione alla ricerca di eventi positivi, senza giudizio o aspettative eccessive, con gentilezza, ed ogniqualvolta verrà distolta da questa attività ritorna a concentrarti su ciò che è positivo. Prova a immergerti completamente in quello che stai facendo, che siano 5 minuti o 1 ora al giorno, qualsiasi spazio riesci a dedicarvi andrà bene!

  • Fai “l’esercizio della gratitudine”

Questo è un esercizio molto semplice ed efficace: ogni giorno, a fine della giornata, prenditi 10 minuti e scrivi tre cose positive che ti sono accadute. Queste tre cose non devono essere per forza di grande rilevanza, possono essere piccoli gesti, immagini che ti sono rimaste impresse, comportamenti, accadimenti della quotidianità, l’importante è abbiano un significato positivo per te. Scrivile in uno spazio dedicato riportando anche il perché consideri queste cose positive. Che significato hanno per te? Cosa potresti fare per far sì che ricapitino in futuro? Questo ci aiuta a portare la nostra attenzione su quei piccoli aspetti positivi che il nostro cervello farebbe fatica a notare e memorizzare nelle giornate “NO”.

  • Presta attenzione alla tua postura

È molto importante anche prestare attenzione al linguaggio del corpo (es. postura, espressioni facciali). Il nostro assetto corporeo, infatti, influisce sulle nostre emozioni e percezioni; per questo il modificarlo consapevolmente può aiutarci a cambiare rapidamente il nostro stato emotivo sviluppandone uno positivo. Ad esempio, se ti accorgi che tendi a stare con le spalle ricurve e la testa bassa, prova ad aprire il torace, raddrizzando la schiena e alzare la testa, tenendo per qualche secondo questa nuova posizione. Nota le differenze in termini emotivi rispetto a quando eri nella posizione precedente.

Lo stesso vale per le espressioni facciali: prenditi 3 minuti, siediti in un luogo tranquillo e prova a inspirare ed espirare lentamente con il naso abbozzando un leggero sorriso di gentilezza verso te stesso mentre rilassi i muscoli del viso. Nota come ti senti alla fine dell’esercizio. 

  • Monitora i tuoi pensieri

Le nostre emozioni negative sono molto dipendenti dal nostro modo di pensare e da come interpretiamo le situazioni che ci accadono. Monitora i tuoi pensieri negativi e, quando ti accorgi che stanno prendendo il sopravvento, prova a sostituirli con pensieri più adattivi che ti possono aiutare a fronteggiare la situazione.

  • Accumula emozioni positive nel lungo termine

Le emozioni positive a lungo termine sono legate a quegli aspetti della nostra vita che ci fanno percepire un senso duraturo di appagamento.

Per sviluppare eventi positivi più permanenti è necessario identificare i valori importanti per te, le tue priorità, le cose che apprezzi e gli obiettivi di vita che ritieni rilevanti. I tuoi valori ed obiettivi sono i punti di riferimento che servono a ricordarti cosa ti sta a cuore ed è importante perseguire. Per identificarli prova a chiederti: “Cos’è che davvero conta per me?”, “Cosa c’è ora nella mia vita che non voglio perdere?”, “Quali cose a cui do valore non sono al momento presenti nella mia vita?”. Assicurati che questi valori siano realmente i tuoi e non di altri. Chiediti: “Se potessi agire secondo quel valore ma non potessi dirlo a nessuno, lo farei ugualmente?

Scegli il valore da sviluppare che ha per te ha maggior priorità o è più perseguibile in questo momento e prova a identificare alcuni obbiettivi concreti che ti possono portare più vicino a raggiungere quel valore. Chiediti: “Cosa puoi realizzare o modificare concretamente?”

Può essere utile dedicare un po’ di tempo a svolgere questi esercizi e sperimentane direttamente i benefici: osservandi la differenza tra prima e dopo averli svolti sul come ti senti verso te stesso e gli altri.

Dott.ssa Carolina Posenato

Psicologa e Psicoterapeuta presso Centro Itinera.